L’intelligenza artificiale e le sue applicazioni hanno e stanno rivoluzionando la nostra vita. A ricordare l’importanza della tecnologia è stato anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che nel consueto discorso di fine anno ha sottolineato come “Dobbiamo fare in modo che la rivoluzione che stiamo vivendo resti umana. Cioè, iscritta dentro quella tradizione di civiltà che vede, nella persona, e nella sua dignità, il pilastro irrinunziabile”.
Per capire meglio di cosa si tratta, partiamo dalla definizione. Secondo il dizionario Treccani: “L’intelligenza artificiale (AI, Artificial intelligence) è una tecnologia informatica che studia i fondamenti teorici, le metodologie e le tecniche che consentono di progettare sistemi hardware e sistemi di programmi software atti a fornire all’elaboratore elettronico prestazioni che, a un osservatore comune, sembrerebbero essere di pertinenza esclusiva dell’intelligenza umana“.
Gli anni ’50: le origini. L’intelligenza artificiale è nata nel 1956, quando nel Dartmouth College di Hanover nel New Hampshire si tenne una famosa conferenza estiva durante la quale questa nuova disciplina venne fondata programmaticamente. Proprio qui, l’allora assistente universitario di matematica John McCarthy organizza insieme a tre colleghi (Nathan Rochester, Claude Shannon e Marvin Minsky) un convegno sul tema che ha portato a un documento di 17 pagine chiamato “proposta di Dartmouth” in cui, per la prima volta, è stato utilizzato il termine “intelligenza artificiale”. Sempre guardano alle prime tappe dello sviluppo dell’AI, incontriamo Alan Turing e Arthur Samuel. Il primo è conosciuto per aver ideato un test che si poneva l’obiettivo di paragonare la “mente artificiale” a quella umana, conosciuto appunto come “Test di Turing” o “Imitation game”, mentre Samuel realizzò il programma “giocatore di dama” oltre ad aver coniato il termine “machine learning” per dare un nome alle sue innovazioni tecnologiche nel campo dell’apprendimento automatico.
Gli anni ’70: il primo inverno dell’IA. L’entusiasmo nei confronti dell’IA prosegue anche negli anni Sessanta, quando vennero realizzati sistemi intelligenti in grado di risolvere semplici “problemi”, dalle inferenze a basilari problemi di geometria. Tra questi si ricorda ELIZA, chatbot inventato nel 1966 da Joseph Weizenbaum che aveva l’obiettivo di simulare una conversazione tra un terapeuta e il suo paziente nella fase iniziale di confronto. Per tutti gli anni ’70 e per circa vent’anni a seguire, il tema IA sembra non suscitare più particolare interesse. Si parla, infatti, del primo inverno dell’IA, che si verifica quando le capacità dei programmi di intelligenza artificiale rimangono limitate soprattutto a causa della mancanza di potenza di calcolo in quel momento. Le tecnologie di allora riuscivano a gestire solo versioni banali dei problemi che avrebbero dovuto risolvere. Si arriva così agli anni Ottanta, quando le aspettative delle comunità imprenditoriali e scientifiche nei confronti dell’intelligenza artificiale, in particolare dei sistemi esperti, aumentano.
Gli anni ’80- ’90 e 2000: gli anni d’oro. Alla fine degli anni Ottanta il ricercatore Yann LeCun sviluppa un algoritmo che sa “vedere” e riconoscere gli assegni bancari, e, nel 1997, un computer chiamato Deep Blue si rivelò per la prima volta più bravo di un essere umano, battendo il campione del mondo di scacchi Garry Kasparov. Deep Blue era in grado di elaborare 200 milioni di mosse al secondo e di memorizzare migliaia di partite giocate e di aperture e chiusure diverse. Da qui in poi, l’avvento del web potenzia il settore: basti pensare che il primo indice di Google nel 1998 contava già 26 milioni di pagine, che nel 2000 sono diventate oltre un miliardo. Il punto di svolta arriva nel 2012, quando tre ricercatori dell’Università di Toronto – Alex Krizhevsky, Ilya Sutskever e Geoffrey E. Hinton – dimostrano finalmente le potenzialità delle reti neurali per il riconoscimento delle immagini. Una rivoluzione sempre più veloce che il 30 novembre 2022 ha visto il lancio di ChatGpt da parte dell’azienda californiana OpenAi: si tratta di un software che simula conversazioni e risponde a domande, utilizzando il natural language processing, e dopo che nel sistema sono state immesse 300 miliardi di parole.
La scienza dei dati al servizio della salute. Una storia, quella dell’intelligenza artificiale, che ha sicuramente influenzato vari altri settori, primo fra tutti quello della scienza, dove oggi sempre di più si parla di Data Science for Health, ossia di team dedicati all’analisi dei dati e allo sviluppo e applicazione di tecnologie computazionali e di intelligenza artificiale al servizio della ricerca scientifica. Oggi l’AI è sempre di più un alleato fondamentale per aumentare la conoscenza, analizzare l’enorme quantità di dati e mettere tutto al servizio della salute dei cittadini.
Sitografia:
https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2023/03/10/storia-intelligenza-artificiale